Più visioni della mente
Teoria computazionale della mente
La mente è vista come una macchina pensante: un sistema computazionale i cui processi mentali fondamentali (ad es: il ragionamento e il problem-solving) sono calcoli simili a quelli eseguiti da una macchina di Turing. McCulloch, Pitts (anni ’40)
Mente come computer: riceve informazioni in input, li elabora e produce una risposta in output tramite algoritmi comportamentali dell’uomo, cioè protocolli di istruzioni. Atkinson, Shiffrin, Norman (anni ’80)
Mente come elaboratore di rappresentazioni primitive combinate secondo una lingua composizionale: il significato complessivo è una funzione dei significati delle sue parti e del modo in cui sono combinate tra loro. Fodor (anni ’70)
Mentre come rete neurale: un insieme di nodi interconnessi di input, output e nodi nascosti (di mediazione). I rispettivi valori di attivazione e i pesi evolvono in accordo con un algoritmo di apprendimento in modo che gli output effettivi si avvicinano gradualmente agli output obiettivo. McClelland, Rumelhart (anni ’80)
Mente distribuita, incarnata o situata: il corpo di un agente esercita funzioni vincolanti, agevolando o ostacolando la cognizione; funzioni di distribuzione del carico computazionale e rappresentativo tra le strutture neurali e non neurali; funzioni di regolazione delle attività cognitive nello spazio e nel tempo, per la coordinazione tra cognizione e azione. Gibson, Clark, Kirsh (anni ’90)
Modello ciclo dell’azione di Norman (1986)
Alla luce dell’obiettivo (goal) che voglio raggiungere (intenzione) mi domando quali sono i piani di azione possibili. Scegliendo uno dei piani si realizza la pianificazione, l’esecuzione mi porterà a riflettere quanto quell’azione sarà facile da eseguire. Uno script, una sequenza di operazioni che ci consente di realizzare un output. Nel ciclo dell’azione, una volta realizzata l’azione dovrò valutare sulla base dei percetti qual’è lo stato del sistema, quanto sarà facile percepire il nuovo stato del sistema che sono andato a creare. Dovrò quindi interpretare il flusso attraverso quanto è chiaro il nuovo stato del sistema, infine la valutazione vera e propria: capire se il nuovo stato del sistema è quello che si intendeva realizzare.
C’è un golfo (una distanza) che separa il mondo reale da cosa voglio raggiungere:
golfo dell’esecuzione: quali azioni sono possibili? che piano devo seguire per soddisfare l’intenzione? quanto è facile fare l’azione?
golfo della valutazione: in che stato è il sistema? quanto è facile interpretare lo stato del sistema? quanto è facile percepire lo stato?
Human-centred design (HCD)
HCD è un processo che è nato al Palo Alto Research Center della Xerox (anni ’70-’80) inizialmente battezzato user-centred design. Il focus era quello dell’utente, dell’utilizzatore. Un approccio che vuole far convergere la progettazione dei servizi, dei prodotti o degli artefatti sulla base, dei bisogni, dei limiti, delle capacità dell’utilizzatore finale.
Lo user-centred design è stato successivamente influenzato dal Partecipatory Design scandinavo e dal Double Diamond (British Design Council – 2005).
Tale percorso ha portato HCD ha essere formalizzato nelle norme ISO 9241-210, aggiornate nel 2019.
Nel 1950 Bukminster Fuller vedeva che l’ingegneria, come scienza, dove essere legata ad un processo di progettazione consapevole che ci consentirà di andare a incontrare le esigenze dell’ambiente in cui viviamo nel rispetto delle risorse in quanto finite e spese per supplire ai bisogni umani; una prospettiva ecologica legata alla disciplina della progettazione.
Norma così definisce così HCD come una filosofia, non un metodo specifico, dove l’assunto è osservare gli utenti quando sono immersi nelle loro attività.
4 principi per una definizione di Human-centred design:
- centrato sulle persone e sul contesto d’uso per creare prodotti adatti a loro
- capire e risolvere i problemi giusti e affrontare le loro cause profonde alla radice
- l’interazione è un insieme di parti interconnesse, l’esperienza è unica
- interventi di prototipazione piccoli e semplici, processi perimetrati, contenuti, non correre verso un’unica soluzione
Processo di progettazione centrato sulla persona
Le fasi del processo:
- comprensione del contesto dell’utente, dei limiti (quali risultati vogliamo raggiungere? Per chi progettiamo? Quali strumenti mediano le attività? Quali contenuti sono veicolati?)
- definizione dei requisiti
- generazione del processo di design
- valutazione del prodotto e del design rispetto ai requisiti
Il design centrato sull’utente parte dalla comprensione dell’utente, si sviluppa lungo una progettazione partecipata con una misurazione costante dei risultati conseguiti, la progettazione iterativa è l’essenza di questa ricorsività nel modus operandi del progettista.
Fonte Uninettuno
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